“Il crollo” in visione sulla piattaforma ZaLab view

Da oggi, 1 febbraio, il documentario Il crollo di Massimo Cannarella è in visione sulla piattaforma ZaLab View.

https://bit.ly/IlCrollo

Il film racconta l’esperienza delle persone sfollate dalla loro casa in seguito al crollo del ponte Morandi.

Attraverso le loro voci dei residenti di Via Porro il film mostra come l’evacuazione abbia allo stesso tempo dissolto e costituito una comunità, e rivela come ciò che, in questo frangente, è andato perso per sempre non sono tanto, o solo, gli alloggi, quanto i legami biografici profondi degli ex-abitanti un territorio e/o con uno spazio abitativo. Ovvero, con un paesaggio della memoria su cui si erano costruite identità personali e sociali.

Il film, è il prodotto di un approccio partecipativo, in cui gli stessi protagonisti hanno visto e discusso collettivamente con gli autori i risultati del lavoro di ripresa e di montaggio in corso d’opera.

La produzione è di:
Laboratorio di Sociologia Visuale
Associazione Oblò
Associazione Quelli del Ponte Morandi


In associazione con argagnànfilm
Distribuito da gargagnànfilm e online su Zalabview

“Le rotte della ricerca”. Una settimana di formazione dottorale navigante sul tema del mare e delle migrazioni

Nel quadro di una nuova centralità dello spazio marittimo del Mediterraneo, come luogo attraversato e trasformato da flussi di persone e di merci, il Dottorato in Scienze Sociali dell’Università di Genova (curricula Sociologia, Migrazioni e processi interculturali e Progetto CLOE – MSCA cofund) sale a bordo del progetto “Ermenautica – Saperi in Rotta” dell’Università di Roma La Sapienza (Dottorato di ricerca curriculum Antropologia – Prof. Matteo Arìa) e apre la strada allo sviluppo di future collaborazioni inter-accademiche.

Il primo passo di questa collaborazione metterà al centro il tema “Mare e migrazioni”. A bordo della barca a vela Raj un gruppo misto di dottorandi di Genova e Roma sarà coinvolto in un programma settimanale di ricerca e formazione che includerà: lezioni tenute da docenti di diversi atenei, momenti individuali di presentazione e scambio sui progetti di ricerca dottorali, letture e presentazioni di testi, incontri con testimoni, esperti e attori sociali attivi in forme di solidarietà e sostegno a persone in transito. Parteciperanno alla settimana di incontri: URMIS, Observatoire de Migrations, Université Côte d’Azure MSHS Sud-Est, Laboratorio di Sociologia Visuale (Università di Genova), ASL 4 – Escuelita (Chiavari), Progetto 20K (Ventimiglia).

Raj partirà da Livorno ai primi di maggio e, facendo scalo a Chiavari, Genova, Ventimiglia e Mentone, raggiungerà Nizza.

Questi i libri che accompagneranno la navigazione e costituiranno la base del seminario itinerante:

Aria, M. (a cura di), (2021). Ermenautica. Dai mari condivisi i segreti della convivenza. Milano: Prospero Editore.
Braudel, F. (2019). Il Mediterraneo. Milano: Bompiani.
Campling L., Colàs, A. (2021). Capitalism and the sea. The maritime factor in the making of the modern world. London: Verso
Chambers, I. (2018). Mediterraneo Blues, Napoli: Tamoe.
Chambers, I., Cariello M., (2019), La questione mediterranea. Milano: Mondadori.
Graeber, D. (202). L’utopia pirata di Libertalia. Milano: Eleuthera.
Sacchetto, D. (2018). Le fabbriche galleggianti. Solitudine e sfruttamento dei nuovi marinai. Milano: Jaca Book.
Schmoll, C. (2022). Le dannate del mare. Pisa: Astarte.
Yehoyada, N. B., (2019). Incorporare il Mediterraneo. Milano: Meltemi.


Docenti UniGe coinvolti: Prof.ssa Stefania Consigliere, Prof.ssa Francesca Lagomarsino, Prof.ssa Gabriella Petti, Prof. Luca Queirolo Palmas, Prof. Federico Rahola. Docenti La Sapienza: Prof. Matteo Aria. Docenti Université Côte d’Azur: Prof.ssa Swanie Potot. Organizzazione degli incontri a terra e della formazione a bordo: Enrico Fravega e Livio Amigoni (Laboratorio di Sociologia Visuale).

mare, migrazioni

Art, visuality and social research. Tales from the field (webinar)

This is first date of a series of seminars organized by the Visual Sociology Research Group aiming to go beyond the boundaries of social sciences, integrating other different expressive languages and opening up to other diciplinary fields.

The event is conceived as a dialogue promoted by Laboratorio of Sociologia Visuale (Genova) and Observatori de la Vida Quotidiana (Barcelona) and will be moderated by: Luca Queirolo Palmas (University of Genoa).

The event will be held on an online platform.

The webinar will be held on the Zoom platform and it will be availavle at the following URL:

https://zoom.us/j/99708635303?pwd=cXNrZEY4S0diLzBwdmlNV2oyZXNnZz09

Experiences and speakers:
EUFEMIA and migrants in transit: walking through research, exhibition and catalogue. Anna Daneri (co-curator), Anto Milotta and Zlato Donchev (artists), Sara Hamssaoui (20K project).

Researching artivism between everyday life and events. Monika Salzbrunn – Université de Lausanne – ERC Project ARTIVISM

Barcelona, a colonial metropolis: social research and visual arts across the warehouses of a ethnologic museum. Andrés Antebi / Jose Gonzalez Morandi Observatori de la Vida Quotidiana (OVQ)

BarcelonaAnthropology, documentary and youth street groups.
Jose Sanchez Garcia, Universitat Pompeu Fabra – ERC Project TRANSGANG

Dreamland: Aesthetics on the Move / a4c #artsforthecommons.
Rosa Jijon and Francesco Martone. Visual Artists, Quito/Roma

The seminar will be held in English, Spanish and French.

art-based research, webinar

Le contro-mappe dei migranti (di Sandro Mezzadra)

In un comunicato stampa dell’11 ottobre (Six Years Alarm Phone. The Struggle at Sea Continues), Alarm Phone – la hotline interamente gestita da volontari e attivisti che riceve chiamate di emergenza da parte di profughi e rifugiati in difficoltà nel Mediterraneo – si domanda retoricamente: “che cosa sarebbe oggi il mare senza Alarm Phone, che è diventato parte della ferrovia sotterranea?” Il riferimento alla rete di assistenza alla fuga degli schiavi negli Stati Uniti prima della guerra civile (recentemente al centro di un bel romanzo di Colson Whitehead, appunto intitolato La ferrovia sotterranea) è in realtà diffuso da ormai diversi anni all’interno dei movimenti che si battono a fianco dei migranti e contro i confini esterni e interni europei.

Non sfuggono a nessuno le differenze tra la condizione degli schiavi nel Sud degli Stati Uniti e quelle dei migranti (differenze spesso cancellate nelle retoriche sulla “tratta” e sulle “nuove schiavitù”). Come ha scritto recentemente Maurice Stierl, uno dei fondatori di Alarm Phone, si tratta piuttosto di valorizzare il momento della rivolta che ha accompagnato l’intera storia della schiavitù atlantica e di prendere le mosse dai momenti in cui schiavi e migranti “hanno messo in atto percorsi di fuga verso un luogo percepito come uno spazio di libertà”. Lungo questi percorsi schiavi e migranti si sono imbattuti in una molteplicità di confini e limiti, ma hanno anche incontrato solidarietà e aiuto al passaggio.

Il libro di Luca Queirolo Palmas e Federico Rahola, Underground Europe. Lungo le rotte migranti (Meltemi, pp. 479, 25 euro), si propone per la prima volta di sistematizzare il parallelo tra le esperienze abolizioniste negli Stati Uniti di metà Ottocento e l’insieme delle pratiche di solidarietà che disseminano le “rotte migranti” in direzione e all’interno dell’Europa di “stazioni” di quella che può essere considerata una nuova ferrovia sotterranea. È un libro per molti versi straordinario, capace di combinare storiografia ed etnografia con l’impegno militante e destinato a diventare un classico negli studi sulle migrazioni e sui confini.

L’obiettivo di Queirolo Palmas e Rahola non è quello di proporre “una vera e propria comparazione”, ma piuttosto quello di evocare – nella prima parte – i tratti fondamentali di un’esperienza storica di lotta abolizionista per farli risuonare – nella seconda parte – in un tentativo di censire “le istanze di libertà che percorrono oggi il vecchio continente”, materialmente incarnate nei movimenti di profughi e migranti. Gli abolizionisti sottolineavano, per citare un libro del 1856 di Benjamin Drew (The Refugee)su cui gli autori si soffermano a lungo, il “naturale desiderio di libertà” degli schiavi, che “la paura e la forza” si rivelano inadeguate a contenere. Ne risultava una politicizzazione della fuga che gli autori proiettano sulle migrazioni contemporanee.

La storia della ferrovia sotterranea è del resto una storia contesa. La sua indubbia realtà si intreccia con l’immaginazione, che ne ha fatto prima di tutto nelle piantagioni un mito nutrito dal desiderio di liberazione degli schiavi. La sua estensione geografica e la distribuzione delle sue “stazioni” restano elusive – tanto che disegnarne una mappa risulta un esercizio impossibile, esattamente come è impossibile segnare sulla carta geografica dell’Europa le rotte della migrazione e della solidarietà. Al più si può pensare a una serie di “retro-azioni” e “contro-mappe”.

Una cosa tuttavia è certa per quel che riguarda la ferrovia sotterranea storica: come ha ormai dimostrato la storiografia radicale nera, la rete di solidarietà degli abolizionisti era saldamente impiantata nel protagonismo nero, tanto in quello degli schiavi in fuga quanto in quello delle comunità nere del nord. È un punto fondamentale, che Queirolo Palmas e Rahola proiettano nel presente liquidando ogni immagine – ingenuamente “umanitaria” – del migrante come pura vittima. In ogni stazione del viaggio che siamo invitati a percorrere nella seconda parte del libro (a Calais come a Ventimiglia, a Ceuta e Melilla come a Parigi, ad Atene come a Pozzallo) incontriamo straordinarie figure di migranti capaci di costruire un tessuto materiale di resistenza che costituisce il riferimento fondamentale per pratiche di resistenza che coinvolgono attivisti ma anche persone comuni.

Underground Europe non si occupa specificamente dell’attraversamento del confine marittimo nel Mediterraneo. Segue profughi e migranti nei loro spostamenti dopo il momento dello sbarco (che viene raccontato con grande efficacia nel capitolo su Pozzallo). In questione in questo libro sono dunque i confini interni di un’Europa che, riprendendo un’indicazione di Étienne Balibar, si presenta qui come borderland, “terra di confine”. Queirolo Palmas e Rahola si concentrano su una formula centrale nella governance europea delle migrazioni, ovvero “mobilità secondaria”, gli spostamenti non autorizzati dei migranti e dei profughi dal primo Paese di arrivo. E propongono due concetti – messi a fuoco nell’analisi della ferrovia sotterranea negli Stati Uniti dell’Ottocento – per analizzare e comprendere il funzionamento della governance delle migrazioni: “guinzaglio” e “strappi”. La pretesa di indirizzare e contenere la mobilità appare in questa prospettiva sempre come una reazione alla materialità e alla possibilità di uno “strappo” – a una pratica di libertà.

Di questi concetti gli autori danno molte esemplificazioni nella seconda parte del libro, ad esempio a proposito di Ceuta e Melilla, dove varcare le prime mura “significa farsi agganciare da un guinzaglio istituzionale” che punta a trattenere il migrante all’interno dell’exclave, mentre strappare il guinzaglio consiste nel trovare il modo più rapido per raggiungere la Spagna e continuare il viaggio. Il rapporto tra guinzaglio e strappo si dispiega del resto in tutti i luoghi analizzati in Underground Europe, che sono anche siti centrali nella geografia del controllo delle migrazioni (fatta di “isole confino” e “città ostili”).

Si diceva dell’impegno militante che sostiene il lavoro di Queirolo Palmas e Rahola, evidente nella complicità che rivendicano con profughi e migranti e con le reti di solidarietà che li sostengono. Troviamo del resto nel libro anche un insieme di riflessioni di carattere teorico-politico, decisamente preziose per un ripensamento della solidarietà e dell’attivismo attorno a migrazioni e confini. Il termine che ricorre insistentemente per definire le alleanze e convergenze che lasciano intravedere una ferrovia sotterranea in Europa è “coalizione”: parrocchiani e fedeli delle moschee, studenti erasmus e scout, collettivi noborder e centri sociali, volontari delle ONG, medici, infermieri sono tra i soggetti che si impegnano per garantire il passaggio (con una “egemonica presenza femminile”, come viene opportunamente ricordato).

Piace pensare che si possa qui vedere un altro parallelo con la storia dei neri negli Stati Uniti, che cioè questa coalizione prefiguri qualcosa di simile a quella che W.E.B. Du Bois (in un libro del 1935 dedicato alla “ricostruzione” negli Stati del Sud dopo la guerra civile) chiamava “democrazia abolizionista”, ovvero un nuovo spazio politico aperto dall’insorgenza (dallo “sciopero generale”) degli schiavi. Muovere in questa direzione significa dare una risposta alla domanda “sul possibile significato, oggi, dell’abolizionismo” formulata all’inizio del libro – una risposta, vale la pena di notare, che sono in molti a cercare di articolare negli Stati Uniti di oggi, dove sotto l’impulso originario di Angela Davis l’abolizionismo e la democrazia abolizionista sono oggi strumenti teorici e politici impiegati in riferimento a una molteplicità di temi, dal carcere al muro di confine con il Messico. Altre risonanze, con cui dialoga il libro di Queirolo Palmas e Rahola.

Pubblicato su “il manifesto”, il 28 ottobre 2020

book, border, confini, libro, migrations, migrazioni, recensione

Corso Andrea Podestà, 2 - 16121 Genova (GE)

laboratoriosociologiavisuale@gmail.com

© 2016 Horizon. All rights reserved.
Powered by YOOtheme.